Un’affascinante
viaggio con l’apostrofo
Il
libro di racconti di Anna Manna “Una città, un racconto”
è un appuntamento con un metaforico treno per partire alla scoperta
del
nostro bel paese secondo un’ottica sorprendente.
Con Anna Manna si parte con un compagno di viaggio speciale, fastidioso,
sbagliato : inizia un’affascinante viaggio con l’apostrofo!
Si parte con l’errore!!!!!! In viaggio con l’errore significa
non nascondere le nostre disgrazie, non coprire le nostre miserie, in
una confessione di
fragilità , di crudeltà, di nevrosi, di confusione, di
patologia che finisce per somigliare alla confessione dell’apparteneneza
all’umano sentire.
Così mostri, miracoli, misture di stregonerie e magie, miraggi
e apparizioni, velate verità e bugie senza copertura ci trascinano
nel profondo delle nostre leggende, nei richiami di misteriosi segreti.
Lo sguardo della scrittrice verso alcune città italiane non sarà
da turista, neanche da giornalista , nepure da nostalgica e nemmeno
da depressa. Anna Manna parte insieme al lettore con un bagaglio complesso
: la voglia di scoprire, di scappare, di volare, di affascinare, di
farsi affascinare, di abbandonarsi, di divertirsi, di denunciare, di
parlare, di guardare, di tuffarsi in un Italia bella come una fata e
complicata come una strega, dolce come i suoi frutti, amara e crudele
come le sue spine.
Una rosa sulla valigia di ieri con gli spaghi o pesantissime valigie
sulle rose d’Italia di oggi? A poco a poco ci accorgeremo insieme
che quell’errore nel titolo, quell’apostrofo in più
reclama una frase: t’amo! E’ un viagio d’amore allora?
Per chi? Per noi che viaggiamo, per chi vuole leggere, scoprire questo
scorcio impalpabile dell’Italia con città vere e città
fantasma, città di sogno e sogni nelle città, città
reali e città senza nome che somigliano alla realtà.
Oggi comincia un viaggio diverso: un’itinerario in compagnia di
uno sguardo narrativo che sbircia gli errori anche dove vuole raccontare
la favola, che nelle favole nasconde la tragedia, che nella tragedia
riesce a scoprire l’amore. Ecco quell’apostrofo nel posto
sbagliato ci colpisce, ci stupisce, ci dice che un bacio riesce a trovare
la strada giusta anche dove non c’è più alcuna speranza.
Così la valigia diventa meno pesante e la foresta che abbiamo
intorno a noi si ricompone nella città ideale, capace di diventare
comprensiva, indulgente, verso l’errore, verso gli errori che
tutti noi abbiamo commesso verso il nostro meraviglioso paese.
E ripartire salvando tutto quello, che non è poco, che abbiamo
di positivo.
In
viaggio verso il Kumbha Mela
MANUEL
OLIVARES CI RACCONTA IL FUTURO
Per la Casa editrice VIVERE ALTRIMENTI è uscito un interessante
libro di Manuel Olivares "CON JASMHUEEN AL KUMBHA MELA"un
libro che vuol essere soprattutto un report, a tratti semiserio -come
recita l'introduzione-
di un'esperienza di crescita integrale. Si tratta di un pellegrinaggio
hindu, il Kumbha Mela, in compagnia di una donna australiana senz'altro
fuori del comune: Jasmuheen, scrittrice di succeso che sostiene di vivere
di prana liquido da circa 16 anni. Questa donna particolarissima è
un rappresentante delle costellazioni di movimenti spirituali che si
trovano definiti nella New Age.
Al di là del racconto del pellegrinaggio, al di là delle
pagine affascinanti, in cui le capacità narrative e di fascinazione
di Manuel Olivares risaltano con vigore, il saggio ripropone la tematica
mai abbastanza indagata del fenomeno delle comunità. E del perchè
alcune persone di cultura occidentale ad un certo punto si sentono irresistibilmente
attratte da questa avventura incredibile in un mondo distante e si avventurano
in una partenza reale e figurata verso una cultura del tutto inusitata
per gli occidentali. Soprattutto giovani di una famiglia solida e senza
alcuna mancanza o deficienza. Forse il segreto è propio in questa
pienezza di una infanzia che ha dato il meglio di quello che una cultura
di tipo familiare possa dare.
E' lo strappo di chi ha conosciuto ogni dolcezza del paradiso dell'infanzia
e che, possedendo una mente ed una capacità intelellettuale vivace
e creativa, desidera di più del dono e vuole la conquista. Così
molti proiettano la vita futura e la scommessa della propria vita in
un ALTROVE.
La figura di Alessandro Magno insegna che il figlio di una cultura che
ha già dato il meglio si sente stretto nei domini paterni e cerca
la vittoria diversa. Il confronto con culture lontane diventa così
inevitabile.
E' il segno di un invecchiamento della cultura occidentale? Di una sensazione
di soffocamento strisciante?
Oppure il segno di una libertà eccessiva che apre le porte ad
una noia dell'esistere e per questo tenta altre strade? Chissà,
certo molti giovani hanno sentito il richiamo di un altrove che poi
hanno indagato con forza intelletuale senza restarne prigionieri o solamente
senza sentirne solo il fascino. Anzi come per Manuel Olivares il viaggio
è diventato prezioso bagaglio intellettuale da riportare indietro.
Bottino di viaggio per una mente che vuole tentare di coniugare il prima
ed il dopo, il noto e lo sconosciuto.
Non è facile incontrare a Roma Manuel Olivares. Quando è
in Italia si rintana nella sua casa a Fabrica di Roma (VT). Dopo tanto
girovagare nel mondo…ogni tanto è necessaria una pausa,
anche per riabbracciare gli adorati genitori. Dalla madre, la poetessa
Iole Chessa Olivares, ha ripreso il sorriso e lo sguardo da poeta.
Ma la voglia d’avventura e la curiosità intellettuale spinta
a tutto il mondo è peculiarità sua!
Un giovane particolare Manuel Olivares: è riuscito a coniugare
nella sua personalità la discrezione di una educazione sana e
rifinita con l’anelito a conoscere, scandagliare, esaminare tutte
le esperienze possibili. Il viaggio è la sua dimensione mentale.
Un viaggio che lo ha portato a confrontarsi con tantissime esperienze
sociali, ad esempio con le comuni, le comunita’ e gli ecovillaggi
di cui ha scritto diffusamente o con culture diverse dalla sua di origine.
In India ma anche in Thailandia, Nepal e Sri Lanka dove, tra le altre
cose, non ha mancato di monitorare alcune esperienze comunitarie.
Manuel cosa è il fenomeno comunitario? Come nasce?
“Il fenomeno comunitario prende corpo, storicamente, a partire
soprattutto da istanze di natura religiosa. Da un’insopprimibile
vocazione di ricerca di liberazione, di verità, al di fuori del
tracciato battuto dalla massa.
In alcuni casi sarebbe forse più corretto parlare di un’istanza
di natura gnostica, della ricerca, cioe’, di una conoscenza salvifica.
Esemplari, in questo senso, sono le comunita’ essene cui hanno
fatto seguito, agli albori della riforma protestante, quelle anabattiste.
Il protestantesimo radicale ha anche dato vita a molte, importanti esperienze
comunitarie negli Stati Uniti, a partire dal XXVIII secolo.
E’ seguito il filone comunitario inaugurato dai teorici del cosiddetto
socialismo utopistico: Owen, Fourier e Cabet che ha avuto ancora negli
Stati Unit, il suo terreno d’elezione. Nella seconda meta’
del novecento prende corpo il filone esistenziale, legato all’esperienza
beat ed hippy cui ha fatto seguito il filone new age e, negli ultimi
vent’anni, quello ecologico, oggi prevalente.
Questo si sostanzia soprattutto in un network mondiale, il GEN (Global
Ecovillage Network) che coinvolge diverse migliaia di
esperienze eco-comunitarie, qualificate spesso come ecovillaggi”.
Il tuo libro precedente “Comuni, comunità ed ecovillaggi
“della casa editrice Vivere altrimenti fondata da te, cosa propone?
“Vuole essere un excursus che, dalle prime comunità essene,
giunge ai moderni ecovillaggi tentando di non trascurare nessuno: esponenti
radicali della riforma
protestante, socialisti utopisti, anarchici, hippies, kibbutzniks, ecologisti
più o meno profondi e new agers.
Una mappatura ragionata –su scala italiana, europea e mondiale-
di gruppi di persone che abbiano deciso di condividere, a diversi livelli,
spazi, beni di
vario genere e denaro e di un nuovo movimento di comunità sperimentali
che abbiano come prioritari valori di tipo ecologico.
E’ senz’altro un libro piu’ maturo rispetto ai due
che lo hanno preceduto. Ne amplia il lavoro di monitoraggio e azzarda
qualche proposta all’attuale movimento comunitario che ha tutte
le potenzialita’ per rappresentare un incisivo gruppo di interesse,
nell’immediato futuro, in particolare in merito ad istanze legate
alla “societa’ plurale” ed all’ecologia. Solo
in Italia esistono una trentina di esperienze comunitarie, piu’
o meno collaudate.
Il movimento conta qualche migliaio di persone, tra coloro che sono
immediatamente coinvolti nella vita di comunita’ ed i simpatizzanti.
Merita menzionare che stiamo lavorando, assieme alla RIVE (Rete Italiana
Villaggi Ecologici) ed al CONACREIS
(Coordinamento Nazionale dei Centri di Ricerca Etica Interiore e Spirituale)
per il riconoscimento giuridico delle comunita’ intenzionali e
degli ecovillaggi
ed in questo il movimento italiano puo’ rappresentare una sorta
di avanguardia mondiale.
Chi volesse maggiori informazioni al riguardo mi puo’ contattare
scrivendo a _ HYPERLINK "mailto:info@viverealtrimenti.com info@viverealtrimenti.com"
o visitare il sito _ HYPERLINK "http://www.conacreis.it
www.conacreis.it"
Manuel, la comunità predispone ad un atteggiamento di
chiusura agli altri? E’ una casa senza finestre oppure un modo
più immediato per entrare in contatto con gli altri?
“Credo sia auspicabile iniziare a concepire la trasversale dimensione
comunitaria come una fratellanza, oltre le differenze di credo religiosi
(o più genericamente, spirituali) e politici, di appartenenza
sociale, nazionale, di sesso e di razza.
Una fratellanza per affrontare a testa alta (non sfuggire) un mondo
ogni giorno più complesso e tuttavia più affascinante.
Nei miei libri ho azzardato l’ipotesi che la comunita’ possa
portare con se’ alcuni rischi di “deriva settaria”.
Ogni comunita’ predispone degli antidoti al riguardo (puo’
essere esemplare il caso di Damanhur, in Italia, i cui membri si dedicano
ad un’intensa attivita’ di
volontariato nella croce rossa, nella protezione civile, con i vigili
del fuoco, eccetera). In alcuni casi mi e’ sembrato palpabile
il rischio di “rifiuto del mondo”.
Sono rischi con cui il movimento comunitario deve confrontarsi per innestare
un processo di superamento di una fase che puo’ presentare, a
mio vedere,
qualche tinta un po’ adolescenziale, nella misura in cui puo’,
talora, scivolare su ingenuita’ ideologiche.
Parlando con Oberto Airaudi, fondatore dell’esperienza damanhuriana,
sostenevo che sarebbe bene “buttare a mare un po’ di zavorra
degli anni ‘70” che ancora, a mio vedere, appesantisce la
coscienza di alcuni comunitari un po’ sbilanciati sulla “radicalita’
a tutti i costi” e lui si diceva del tutto d’accordo.
Bisogna insomma pensare ad un movimento comunitario del terzo millennio
che sappia confrontarsi in maniera matura con le problematiche del mondo
di oggi, a partire da quelle che sono le esigenze di vivere nel mercato,
senza autorelegarsi in angoli di presunta, preservata purezza."
Ma obiettivo comune delle… comunità deve essere
uno stile di vita con decrescenti bisogni di denaro?
"Credo proprio di no, piuttosto con un rapporto sereno e maturo
con la dimensione finanziaria, in una prospettiva di soddisfazione dei
cosiddetti bisogni
post-materialisti: qualita’ della vita, ecologia, personal development,
viaggi, conoscenza, solidarieta’.
Credo sia necessaria la creazione ed il potenziamento di un circuito
economico alternativo, in una prospettiva di lavoro in rete tra le diverse
esperienze
comunitarie, a livello locale come, auspicabilmente, planetario (il
movimento comunitario attuale, come dicevo in buona parte aggregato
nel Global Ecovillage Network, ha realta’ confederate nei cinque
continenti). Le comunità non credo debbano offrire prospettive
di vita frugale, pur con eventuali recuperi spirituali ma concrete alternative
di benessere psicofisico ed economico a chi decide di coinvolgersi nella
loro avventura."
Ma quante persone si raggruppano intorno al concetto di comunità?
"Le comunità intenzionali e gli ecovillaggi possono essere
più o meno piccole (a partire da un minimo di 5 membri adulti)
o più o meno grandi (la dimensione media di una comunità
intenzionale è stata identificata tra le 50 e le 300 persone)
e muoversi lungo coordinate sociali, economiche, spirituali (o secolari)
politiche ed ecologiche affatto diverse.
Parliamo dunque di un universo eterogeneo che ha come comun denominatore
quella che il sociologo Bill Metcalf chiama “we-consciousness”.
Esistono poi esperienze comunitarie che raggiungono il migliaio di membri
(ad esempio la Federazione di comunita’ di Damanhur) o anche di
piu’ (e’ il caso di Auroville, in India, dove vivono circa
2000 persone ed e’ ugualmente una realta’ decentrata in
tante, diverse comunita’).
Esistono anche “circuiti comunitari”, come Sarvodaya
in Sri Lanka (di cui sono la contact person in Italia) che “confedera”
circa 15000 villaggi tradizionali, coordinando progetti di mutuo appoggio,
scambio e solidarieta’. In breve: ce ne e’ per tutti i gusti
ma, nelle diverse esperienze cui si e’ brevemente fatto cenno,
rimane sempre centrale la dimensione di vita a misura d’uomo,
fatta di insediamenti piccoli che, in alcuni casi, danno vita ad organismi
piu’ grandi evitando tuttavia, nella misura del possibile, di
“alienarsi”."
Insomma la tua vita è stata un viaggio affascinante
nel nuovo, una proiezione impensabile in un’avventura che certo
non somiglia a nessuna di quelle vissute normalmente dai giovani figli
di una famiglia agiata, senza troppi problemi per il futuro?
"Si, mi rendo conto di aver fatto una scelta di vita originale
e qualcuno mi invidia per questa ragione, senza tener conto i prezzi
che sono implicati in questa scelta e non sono di poco conto. Credo
ci si debba essere, in qualche modo, tagliati. A chi non e’ soddisfatto
della vita che fa suggerisco di provare ad indagarsi a fondo,cercando
di comprendere cosa veramente desidera, al di la’ delle aspettative
altrui.
Comprendere cosa veramente si voglia non e’ facile e tuttavia
e’ un presupposto fondamentale.
Il viaggio puo’ aiutare molto a ritrovare alcuni bandoli perduti,
soprattutto in paesi come l’India che rappresentano una sorta
di specchio cristallino dell’anima umana.
Anche li’, non mancano le difficolta’, un viaggio in India
puo’ presentare difficolta’ non da poco ma puo’ davvero
forzare serrature ossidate della propria interiorita’."
Ma come hai coniugato la tua cultura d’origine con le varie culture
che incontravi?
"Io credo che alla base di tutto vi siano delle risonanze emotive
ed affinita’ di sensibilita’.
Ancora parlando dell’India, ho trovato indubbie risonanze
e forti affinita’ con persone di un altro continente, malgrado
le differenze linguistiche, di background culturale, eccetera. Mi viene
da pensare che, in ultima analisi, siano differenze superficiali. L’essere
umano ha avuto ed ha ovunque gli stessi problemi di fondo, ha elaborato
risposte adattive via via diverse, alcune delle quali si sono condensate
in quelli che gli antropologi chiamano “modelli culturali”.
Essere nato in un determinato paese non significa che ci si debba ritrovare
per forza nei suoi modelli culturali perche’ puo’ darsi
benissimo si sia interiormente piu’ vicini ad altri, che sono
stati realizzati piu’ compiutamente altrove.
E’ sempre il viaggio che puo’ aiutarti a fare delle verifiche
in questo senso. Non bisogna temere il confronto e non bisogna avere
un atteggiamento mentale autolimitante, cosa che a mio modo di vedere
accade spesso in Italia. Io credo che, soprattutto oggi, dovremmo avere
un referente valido in una citta’ come Londra, assolutamente cosmopolita
e multiculturale.
La societa’ plurale dovrebbe essere il nostro obiettivo ultimo
(e la globalizzazione ed il suo principale supporto, internet, ci stanno
portando in questa direzione) ed e’ per tale ragione che trovo
utili scrivere libri su stili di vita (nello specifico quelli comunitari)
non ordinari o (riguardo i miei nuovi progetti editoriali) su culture
molto diverse dalla nostra, per contribuire ad una maggiore dimestichezza
con il diverso ed espandere gli orizzonti della nostra coscienza talora
drammaticamente mutilata.
Ma per te è stato invece un viaggio vero, una esplorazione
vera?
"Direi di sì, e’ stato un percorso di confronto
ed elaborazione che spero abbia portato ad una crescita, altrimenti
temo sia stato inutile.
Concludendo con la mia esperienza con le comunita’ intenzionali
e gli ecovillaggi, nel mio ultimo libro ho caldeggiato la necessita’
di dare un piccolo
incoraggiamento concreto a tutte quelle persone che si sentono attratte
dalla dimensione comunitaria.
Sarebbe auspicabile che i giovani che vi si vogliono avventurare possano
contare in un inserimento in attività collaudate, in un network
economico intercomunitario(e naturalmente non solo, anche aperto al
mondo esterno) collaudato e, auspicabilmente, microredditizio.
Sono difatti convinto che le comunità intenzionali e gli
ecovillaggi possano rappresentare realmente un’alternativa esistenziale,
finanche un vettore di trasformazione sociale ma credo sia importante
essere costantemente consapevoli della giusta dose di realismo necessaria
allo scopo, del giusto tributo da pagare alla natura anche, non solo,
materialistica dell’essere umano, evitando il più possibile
cadute in ideologismi ingenui o spiritualismi astratti."
“Quando hai avuto voglia, spinta, desiderio di andare
oltre, di cercare un Altrove?”
“Sono nato borghese, in un contesto borghese, ma alla fine
l’ho scoperto soffocante, per certi aspetti asfissiante. Anche
se ho usufruito di tutte le caratteristiche positive di questo contesto.
Della borghesia conosco le dolcezze, le catene, dolci ed amare. Sono
partito con un mio amico per Vivere altrimenti. E certo mi sono preparato
a vivere con poco.
Ed era già molto poter trovare posti dove si era sicuri di essere
accolti. Ho imparato a trovare soluzioni di accomodamento. I privilegi
di prima li ho considerati fardelli e , con le spalle libere da quei
pesi, mi sono inoltrato nel mondo. Ma non è stato facile né
per me , né per chi ho lasciato dietro. Sono decisioni pesanti,
di cui non si può conoscere in anticipo l’evoluzione.
Poi in lontananza, attraverso un lavorio di anni, ho capito tante cose.
Che in Occidente siamo molto liberi. Troppo.
Cosa vuoi dire ? Eri fuggito perché ti sentivi prigioniero
e poi critichi la libertà che ti sei lasciato alle spalle?
Sono fuggito verso la conoscenza approfondita di me stesso e del
mondo, ho lasciato alle spalle una vita facile ed ho cercato lo scontro
quotidiano con i problemi. Ho voluto ascoltare la voce del mondo al
naturale, non solo attraverso i libri o le spiegazioni dei maestri.
Ma proprio questa sincerità di svincolamento dal prima mi permette
di considerare adesso la visuale globale. E noto come siamo liberi noi
occidentali, come addirittura, per esempio nell’arte, questa eccessiva
libertà è diventata civetteria, vuoto. Oltre l’occidente
l’arte è quasi sempre un’espressione della sacralità.
E’ la rappresentazione della comunione con il divino che è
nel mondo. Dunque c’è rispetto per l’arte,amore per
l’arte.
Mi sono reso conto ad esempio , così da lontano, che uno
dei problemi dell’Occidente è la mancanza di riconoscimento
delle radici culturali. Abbiamo un patrimonio tradizionale vasto ed
importante. Ma ne sentiamo solo la pesantezza e la voglia di liberarcene.
Così questa finta ed apparente libertà diventa uno sguardo
approssimativo, ironico, beffardo su tutto e su tutti. Orfani volontari
di una cultura amata e condivisa, orfani di un tradizione che ci possa
dare stabilità e solidità, sembriamo rinnegare la nostra
stessa ricchezza. La nostra casa è vuota perché abbiamo
accantonato tutte le ricchezza in cantine abbandonate e le
tavole mostrano povertà di fascinazione e coinvolgimento.”
Mangiamo le nostre inquietudini, il nostro traballante comparire
in un palcoscenico che non sappiamo né rinnovare né raccontare
nei valori di sempre.
il cibo è diventato per l’occidentale un’ossessione.
Nel bene e nel male. Guarda le diete imposte, i canoni di bellezza fissi,
la mancanza di libero coinvolgimento con i ritmi naturali dell’alimentazione.
Il fatto è che non siamo capaci di mangiare altro oltre il cibo
comune. La musica, la pittura, lo spirito dell’universo rimane
completamente fuori di noi. Non assorbiamo più nulla. Manca questo
contato spirituale con il resto fuori di noi.
E la nostra psiche rimane digiuna e disperata. Sei d’accordo?
“E pensare che in Oriente il contatto con questo tipo di spiritualità
è molto cercato, sentito, vissuto. Nel mio saggio che racconta
il mio viaggio con Jasmuheen questo aspetto è molto indagato.
Jasmuheen sostiene di vivere da circa 16 anni di prana liquido. Lei
ha trasceso il bisogno di assumere cibo liquido. Ma non è una
dieta e che lei sostiene di aver superato il bisogno poiché si
ciba di un altro tipo di contatto. Certamente questa cosa suscita molte
polemiche ed incredulità ma indica comunque una ricerca, una
fede nella spiritualità che possa sostenerci fino in fondo, anche
nelle esigenze fisiche, anzi che possa addirittura sostituirle. Nel
1998 lei ha scritto Nutrirsi di luce ed oggi ha proseguito nelle sue
ricerche con il libro Il cibo degli Dei. Sono letture affascinanti,
pratiche di esperienze estreme che certo presuppongono una grande esperienza
e molto studi ed applicazione. Non saprei dirti quanto possano essere
comprese fino in fondo da noi occidentali. Ma certo indicano una tendenza
nel loro animo, un soffermarsi prepotente sulle cose dello spirito.”
Jasmuheen è la protagonista del tuo libro? Il saggio
nasce per raccontare l’esperienza di questa incredibile donna?
“No anzi lei mi è compagna per raccontare un viaggio all’interno
di dinamiche e problematiche che quel paese lontano suscita nel viaggiatore
e in chi intende studiarlo. Il mio libro non è un romanzo. E’
un saggio scritto in maniera forse più immediata, più
vera, perché vissuto sul campo.
Ma a dire il vero c’è in cantiere un romanzo di circa 200
pagine. Ma per ora c’è tempo.
Chi sono i veri protagonisti del tuo libro?
Il viaggio, la voglia di capire, la vita vissuta sulla strada e non
sulla pagine o sulla scrivania. Sono un sociologo? Uno studioso? Si,
anche questo, ma la mia fatica è soprattutto il racconto di un
dialogo di un uomo che si sente in mezzo a due incredibili protagonisti:
l’Oriente e l’Occidente. Poi le mille figure indimenticabili
che l’India è capace di regalarci. Vecchi incredibili,
giovani sorprendenti, donne fascinose.
Cosa pensi che i giovani di oggi cercano? Pensi che la tua esperienza
sia significativa per tutta la nuova generazione?
L’impatto con le due culture è inevitabile : i giovani
forse si dibattono in un mondo che ancora non ha capito cosa conservare
come preziosa tradizione e cosa cercare altrove. Ma il dialogo tra queste
due posizioni è la chiave per il futuro.