Novità

Torna la poesia d’amore dedicata alle bellezze d’Italia!
A cura di Anna Manna

BANDO DI CONCORSO 2019
PREMIO LE ROSSE PERGAMENE DEL NUOVO UMANESIMO

Concorso di poesia d’amore Le rosse pergamene
di Anna Manna

BANDO DI CONCORSO 2019

SEZIONE LIBRO EDITO
• A) Inviare libro di poesia d’amore edito nel 2016-2018 in word tramite e-mail al seguente indirizzo: rosse.pergamene@gmail.com
LA PRESIDENTE DEL PREMIO LE ROSSE PERGAMENE HA FACOLTA’ DI PRESENTARE “SUA SPONTE” PER LA PARTECIPAZIONE ALLA SEZIONE PER LA SILLOGE EDITA UN LIBRO CHE L’AUTORE NON HA INVIATO! Qualora il segnalato dalla presidente non risultasse vincitore non verrà resa pubblica la partecipazione!
(PER IL LIBRO EDITO NON ESISTE IL VINCOLO DEL TEMA! DEVE ESSERE POESIA D’AMORE E BASTA)
Presidente di giuria: CORRADO CALABRO'

SEZIONE ITALIAMIA

SEZIONE POESIA SINGOLA (EDITA, INEDITA, SILLOGE INEDITA)
Il premio è dedicato all’amore per il territorio italiano.
Nel 2019:
Per la città: FIRENZE!
PER LA REGIONE: LA TOSCANA!
• B) Inviare poesia d’amore singola edita o inedita (specificare se edita o inedita sempre!!!) al seguente indirizzo e-mail: rosse.pergamene@gmail.com
Per la Silloge inedita inviare una raccolta di poesie edite o inedite sul tema indicato (massimo 20, minimo 5)
Quest’anno abbiamo un tema da seguire: AMARE FIRENZE / AMARE A FIRENZE (l’amore per la città di FIRENZE!!!)
Le poesie dovranno essere ispirate da FIRENZE oppure ambientate a FIRENZE!
• C) Non inviare raccomandate o materiale per posta!
• D) Specificare nell’e-mail le generalità, dichiarare di essere l’autore e, nel caso di materiale edito, indicare l’editore. Dare indirizzo per comunicare l’eventuale vittoria.

POESIE DEDICATE ALLA TOSCANA
Nel 2019 il premio è dedicato come sempre all’amore per il territorio italiano. PER LA REGIONE TOSCANA!
Presidente di Giuria per la Sezione ITALIAMIA: NERIA DE GIOVANNI
Secondo le modalità del Bando (vedi punti B, C, D,) inviare una poesia edita o inedita ispirata o dedicata o ambientata in TOSCANA. Specificare nell’oggetto della e-mail POESIE TOSCANA!
Si può partecipare con una poesia edita o inedita oppure con una Silloge di poesie edite o inedite
Le poesie non debbono superare i 35 versi
MADRINA del Premio FABIA BALDI nativa della Regione Toscana!!!

LA GIURIA
La Giuria: Angelo Ariemma, Fabia Baldi, Jole Chessa Olivares, Neria De Giovanni, Daniela Fabrizi, Tiziana Marini, Artemide Napolitano, Antonella Pagano
• I vincitori saranno avvertiti in tempo utile per la Cerimonia di Premiazione che si svolgerà a Roma in luogo prestigioso.
• SCADENZA: Per le poesie dedicate a FIRENZE è necessario partecipare entro e non oltre il 15 marzo 2019. Per le poesie dedicate alla TOSCANA il termine di partecipazione è 30 marzo 2019!
Sono previsti Premi speciali fuori concorso a giudizio insindacabile della Giuria
• IL PREMIO CONSISTE NELLA FAMOSA PERGAMENA

SEZIONI SPECIALI
Anche in questa edizione ci sarà una sezione Speciale riservata agli autori della Nemapress edizioni!
E’ riservata come ogni anno una Sezione alla casa editrice AKKUARIA
Nell’invio delle poesie edite specificare se si tratta di autori dell’editore Nemapress edizioni o Akkuaria. Comunque indicare per gli editi sempre l’editore!!!!!
Non possono partecipare all’edizione del 2019 i poeti vincitori nel 2018 anche se premiati al secondo o terzo posto.
LA Partecipazione e’ gratuita! Non e’ richiesta tassa di lettura!

La presidente fondatrice del
PREMIO LE ROSSE PERGAMENE
Anna Manna

L’ILLIMITE
Incontro con Corrado Calabrò
di Anna Manna Clementi

La poetica di un grande poeta Corrado Calabrò analizzata dalla sensibilità di una poetessa. Le luci e le ombre, i voli ed i ritorni di una poesia che si ciba costantemente del confronto con la realtà ed il sogno.Una poesia che vive nel contemporaneo, trascina la tradizione fino al sublime, esplora nuove zone di poesia con il ritmo costante e denso di un navigante dell’animo umano.

In libreria è uscito per l’Editore Aracne “L’ILLIMITE-Incontro con Corrado Calabrò” di Anna Manna Clementi.
Un libro che tenta di scoprire il ritmo poetico che vibra al di là del ritmo dei versi. Non soltanto un’analisi critica, non una informazione bibliogafica ma un’interessante e affascinante avventura nel mondo poetico di un grande poeta.

Il libro nasce e si sviluppa nell’ambito di un Progetto universitario di Anna Manna “I poeti contemporanei in Biblioteca”.
Così Anna Manna illustra il Progetto e l’intento del libro su Corrado Calabrò:

“Il Progetto I Contemporanei in biblioteca servirà non solo per diffondere la conoscenza della poesia contemporanea italiana in Europa ma anche per aprire un dialogo con quei giovani che ancora non hanno scoperto veramente la Poesia. E magari svelare alla loro anima di essere poeti. Come diceva Salvatore Quasimodo il futuro della poesia è il dialogo. Le pagine di questo libro sono diventate a poco a poco sinfonie a più voci per scandagliare il poeta fino al fondo della sua penna, scoprire il suo ritmo poetico al di là del ritmo dei versi. Riconoscersi infine con gioia compagni di uno stesso affascinante viaggio, eterni pionieri della Poesia. Tutto questo grazie al meraviglioso poetare di un grande poeta, Corrado Calabrò, che niente e nessuno esclude ma anzi sembra rivolgersi alle grandi ed alle piccolissime cose dell’universo con lo stesso rispetto, la stessa dignità, lo stesso vigore poetico. Un poeta che porta nel cuore il ricordo del suo adorato mare di Calabria, l’ansia delle grandi domande, il senso pacato dell’attesa delle risposte in una compostezza classica che conosce la sferzata dell’inquietudine moderna. E la fronteggia con poesia.”

Anna Manna analizza le tematiche della poetica del poeta calabrese: La Donna, l’Amore, il Mare, l’Altrove come mistero, come illimite. Nell’introduzione accenna anche ad una nuova rinnovata ed azzardata lettura della poetica di Calabrò, aprendo un dibattito che certamente nel futuro avrà molti contributi.
Il libro raccoglie le più interessanti critiche letterarie sulla poesia di Calabrò soprattutto per il libro “Mi manca il mare.”, ma anche le interviste che hanno maggiormente messo a fuoco le risorse poetiche del poeta.
La figura del poeta sorvola così le inquietudini moderne, rinnova ed evidenzia le ipotesi poetiche dei contemporanei, sovrasta i tentennamenti di una Poesia moderna che fa fatica a trovare lo spazio necessario in un’Europa della cultura ancora tutta da costruire.
La chiusura del libro presenta un taglio di lettura a sorpresa che rende piacevole la lettura. Il libro infatti evolve dal primitivo progetto di scrittura per approdare in un duetto poetico tra la poetessa ed il poeta analizzato di grande resa scenica. Ma sopratutto il saggio diventa uno scrigno prezioso che raccoglie una testimonianza stimolante sulla confidenza intellettuale che il poeta ha stabilito con tante belle intelligenze a livello europeo. I suoi lettori, i suoi estimatori non badano soltanto al ritmo musicale dei suoi versi ma risultano rapiti dai contenuti attualissimi. Le grandi interrogazioni sul mondo, sul senso del mondo e della scrittura, l’analisi lucida e puntuale dei sentimenti che spingono la psiche umana alla ricerca del Mancante, l’ansia religiosa universale che pervade la poesia del poeta sono non soltanto un applauso alla sua avventura nel mondo della cultura ma un percorso che invita al dialogo senza limiti e senza confini. Sul terreno di tematiche universali per una comprensione universale ed un dialogo ed un confronto capace di unire mai di dividere.

La copertina del libro è del pittore futurista Antonio Fiore. Il suo quadro FuturVenezia è un omaggio alla bellissima immagine della città italiana che Corrado Calabrò nel suo libro “La stella promessa” indica come metafora del bello e dell’arte.

Il libro ospita un saggio inedito del Prof. Fabio Scialpi sull’amore in India. Il saggio ripropone la relazione che il Prof. Fabio Scialpi presentò l’8 febbraio dello scorso anno alla Sapienza Università degli Studi di Roma in occasione della mattinata dedicata a Corrado Calabrò nell’Aula V della Facoltà di Lettere e Filosofia alla presenza del Preside della Facoltà Prof. Roberto Nicolai.

In queste antologie sono presenti le poesie di Anna Manna

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ANNA MANNA

Laureata in Lettere, ha pubblicato molti libri di poesia, narrativa e saggistica. Ha vinto molti premi anche istituzionali. Vivace attivita culturale per diffusione poesia con fondazione di premi letterari tra i quali "Le rosse pergamene". Nota nel web per le sue interviste ai più importanti poeti italiani. E' ideatrice di progetti culturali presentati alla Sapienza e presso la Biblioteca della Camera dei deputati.

"ERA L'AMORE PRIMO. . ."

Amorosi incanti

Rapiti in cielo
da una luce celeste
c'inoltrammo in stanze senza limiti
dove bastarono pochi lampi
di sguardi
e fresche ed antiche parole
per sfiorare le nostre anime
perse nella foresta senza cuore.

Non aggiungemmo gesti
non si poteva scalfire
quella parete di dolcezze
che ci sollevava dalle pozzanghere
del mondo
e ci portava leggeri
nei veli sospirosi
delle comete gialle

luminose abitazioni
di lusinghe
culle d’infinite carezze
immaginate
e voli assurdi
nei luoghi impensati
impavidi
e digiuni
dell’amore vero

Furono un cibo nuovo per la mente
quelle vaghezze dei sogni
quelle danze alla luna
girotondi infiniti di speranza

L’indulgenza di chi ci spiava
fu testimone di nozze
inanellate di caste movenze
di desiderio

osai carezzarti alla fine
lievemente sul cuore
e ne fui ricompensato
da un languore
che ancora oggi mi strugge
e mi delizia

 

Il sapore dei glicini

Ti ricordi il sapore dei glicini
che ci penetrava
la pelle
e Ie narici infiammate
dalla primavera che avanzava?

Ne sentivamo il nettare fin dentro l’anima
che s’assopiva lieve
a quella tentazione spavalda
l’ultima
prima di diventare consapevol
i
In bilico
tra l'inganno e la verità
il sapore scendeva nella gola
promettendo delizie
e intanto il fiore velenoso
ci annebbiava la vista

Era l’amore primo
la prima volta l’inganno

Se mi capiterà di passare ancora
in quel giardino
proverò a strappare i lunghi fluenti capelli
del glicine innamorato
a primavera
ma chissà
se sarò capace ancora di mangiarli!

Inganni e lusinghe
per entmmbi
pendevano lungo siepi e balconcini
infiorati
dai glicini viola-ti
dai nostri
giovanissimi
stupidi cuori infranti

 

Bob Dylan in concerto

Tutta la gente in piedi
al Palè De André
eravamo in concerto.

Un tour
attorno alle 0re
della vita
dense, fumose
spesse come nebbia

Nel cuore
i problemi come massi
e sassi
le nostre parole
lanciate per ferirci

le mani alzate, gli occhi verso l’alto
i miei muscoli contratti
i miei seni gelati

la birra a fiotti
sugli spalti
a scaldare la gente
infreddolita senza amore
e mentire la vita
facendo rumore

Lui
quella voce metallica
a scavare nel cuore
col coltello della musica

il cappellaccio bianco
in mezzo al palcoscenico
era come una bandiera

un urlo
un salvagente

Nella stanza d’albergo
la notte
-annebbiata dal concerto-
diventò una canzone dolce
disperata
che avrebbe fiaccato
anche il cavallo pazzo
di un cow boy

nella stanza volavano
rigurgiti di sogni
e discordanze di progetti

ubriachi di ieri
prigionieri delle chiavi arrugginite
del presente
mangiavamo le note
come fossero l’oblio

Dentro si moriva un po’
per ogni refrain
di quell’ambrosia
una miscela infernale
che faceva male

Poi senza più appigli o
menzogne
senza salvagente
urlammo di dolore
di piacere
come per navigare una muraglia d’acqua

quando si placò lo tsunami
del cuore
aprimmo gli occhi
ed era una mattina dolce
cli primavera

Ravenna era silenziosa
con le saracinesche ancora
abbassate

 

Un amore in biblioteca

Le tue dita, le mie
su quei fogli assetati di carezze
con la penna arnese di tortura.
Morboso il contatto, arcana l’atmosfera
sospesa nel silenzio delle biblioteche
chiusa e pressata
come una rosa appena sbocciata
su pagine macchiate dagli umori di quel fiore
schiacciato ancora fresco.
La trama avanza ma è sbilenca sulla mente
tu professore ed io la tua alunna
la bramosia s’incapsula di polvere
e s’arrotola sulle pergamene
mentre preparo le ultime pagine della tesi
e all’improvviso un bisbigliare fitto, dolcissimo
sulle carte inumidite dal sudore: "da quanto tempo mi sogni?..."
"... fin quando mi penserai ancora tra le tue carte?”
e quello scivoloso avvicendarsi delle labbra
quel denudarsi di anime ancora incerti
se abbandonarsi completamente all’altro
“Cosa sono i sentimenti... a cinquant'anni? - la tua voce piano piano.
La mia è appena un softio: "... per favore non chiedermi sesso..."
Chiusi i bisbigli in catene di consapevolezza
chiusi e riposti in uno scaffale della biblioteca
col petto mio giovane pressato dalla polvere
e il bisogno d’amare che s’affanna nella speranza folle
che domani potremmo avere la stessa eta e la stessa voglia.

 

La fuga

Mi giravo tra i gambi delle tue rose,
i cuscini di seta stridevano
ad ogni strappo
che ci feriva
come indugiando su un piacere
diverso

Eravamo facile preda
di ripensamenti improvvisi,
i sorrisi
si mcscolavano con le spine,
ci abbracciavano danzando, le ferite
macchiandosi di nuovo sangue

Arruffati pensieri di fuga
ci legavano con destrezza
a quel posto lontano
incantato, incatenato nel nulla

eravamo in balia di un sogno profumato
ma la ragione negata

ci affannava più dell'amore

momenti di eterno timore
ci rendevano inquieti
e tiitubanti

ci abbracciavamo
con più foga
e davamo colpa alle spine
profumatc di rose
del sangue che ci distruggeva
l’anima

Anna Manna

LA CALZA APPESA AL CIELO
racconto di Anna Manna

Dal lampadario pendeva una calza grandissima: dentro cocci di tazzine rotte e cianfrusaglie vecchie.
Dominava la stanza la calza rossa, col Babbo natale coi baffoni bianchi sul bordo.
Pendeva immobile e sorprendente. Era la cosa più bella del salotto.
Eppure era una casa lussuosa, rifinita, addolcita da anni di amorevole cura e visite di parenti e amici.
Fotografie sorridenti, testimonianze di momenti felici, viaggi, incontri, pranzi, cerimonie.
Ma tutto scompariva, era come annullato da quella calza grandissima e pendente.
Che da una parte riproponeva le atmosfere della fanciullezza ma dall’altra le cancellava perché era grande, più grande della norma e disegnava nell’aria quasi il timore dell’attesa di una strana befana.
Chi entrava in casa vedeva subito quella lana rossa e festosa a forma di calza che troneggiava nel centro del salotto, legata al lampadario per vezzo perché anche da sola si sarebbe retta in piedi tanto era grande.
Lisa si scoprì a pensare che nella vita la giusta dimensione rende tutto sopportabile. Una calza piccola, nel posto giusto, sarebbe stata innocua, ma così grande, così vistosa, così troneggiante rendeva l’attesa spasmodica ed inquietante. Come se una befana enorme dovesse scendere dal camino e dunque l’avrebbe rotto con conseguenze disastrose. Una festa troppo grande, un evento troppo grande, che dimentichi le giuste dimensioni, può diventare tragico pensava Lisa.
Il marito Giovanni dopo il primo attacco di irritazione spasmodica alla vista di quello scherzo di Stefanino, che pure aveva ormai venticinque anni, si placò e cominciò a convivere con quell’infanzia strampalata, quel ricordo abnorme di una fanciullezza felice e smisurata. Per una generazione di bamboccioni, pensò, ci voleva una calza enorme e fuori dai limiti come la loro età divaricata da arnesi spettacolari di tortura che li obbligavano a restare bambini in eterno.
Stefanino girava con manuali di filosofia antica dove poggiava la colazione che sgocciolava sul computer invadendo i faccioni dei politici che ogni mattina saltavano da quello scatolone magico per piovere in casa e cominciare ad illividire rapporti e melodie domestiche. Le veline occhieggiavano al giovane che se ne infischiava, i tronisti veleggiavano verso la madre che li rinchiudeva schifata nel televisore, il padre rimpiangeva le ballerine di una volta che potevi desiderarle senza sentirti una latrina. La battaglia iniziava la mattina presto, bisognava azzerare il televisore, senza spegnerlo perché era necessario sapere, ma senza esserne sopraffatti.
Così mostri, miraggi, miracoli e senzatetto giravano per casa e bisognava ricacciarli negli angoli meno importanti del cuore. Alle ore 7,45, mascherati da ufficio i genitori, spavaldi giovani di 60 anni, si concludeva un ciclo.
La guerra era finita e Stefanino rimaneva padrone in casa.
Ad aspettare lo squillo del miracolo. Un lavoro annunciato. Impossibile miracolo. Ed infatti era talmente consapevole che si trattava di miracolo che non rispondeva al telefono. Tanto non era il lavoro agognato.
Quella lunga calza rossa l’aveva filata nelle interminabili mattinate trascorse a casa. Ed ora pendeva nel salotto all’alba del 2013. Il mondo non era finito con i Maya, il telefono non aveva squillato né per annunciare la fine del mondo, né per offrire lavoro.
Non era successo nulla e questo sembrava il peggiore dei Natali.
Lisa tra Natale e Capodanno pensò di dare un senso positivo a quella ridicola calza pendente dal soffitto. Comprò una carta pergamena e con un vivace pennarello rosso scrisse: “In questa calza raccoglieremo i cocci dell’Apocalisse che non c’è stata e ricostruiremo un mondo migliore.
Sarà la nostra befana, la befana che ricostruisce senza dimenticare tutto quello che c’è stato di bello, anzi rinnovando il mondo con i cocci, conservati come preziosi ricordi di ieri.”
Giovanni alla scoperta della bella idea della moglie si sentì morire. Così anche lo scherzo ridicolo di Stefanino diventava impegnativo!
Quasi un programma di lavoro e lui si sentiva stanchissimo......
Si decise, visto la piega che aveva preso la calza che pendeva protagonista di fare una cena con i parenti. Ma fuori dalle feste comandate. La cena della calza!
Magari il 28 o il ventinove di dicembre!
Cominciarono i preparativi: ognuno doveva portare un piatto, speciale ma non troppo, senza troppa fatica, magari i resti, i cocci di Natale insomma!
Lisa pensò di spolverare una portata che preparava al marito nei primi anni di matrimonio, così mi ricordo i tempi meno caotici, si diceva. E mentre cucinava si fermò molte volte a pensare a quel tempo.
Ogni cenetta la sera aveva fiori di colori diversi, abbinati alla tovaglia. Poi si accorse che i bucati erano abbondanti, dimenticò le tovaglie… ed i fiori. Così passarono i primi anni di matrimonio. Il ricordo la intenerì.
La zia Giulia confezionò i cestini di frutta candita… quelli così speciali che quando Stefanino andava all’asilo, le suore morivano dalla voglia di rubarli!!!
Stefanino sorrideva un pochino beffardo, un pochino addolcito. Intanto la calza sembrava aumentare di larghezza e di lunghezza. Aveva invaso tutto il salone.
Nonna Chiara, forse era già morta chissà, ma sembrò resuscitare. Tutti comunque la sentivano presente con le sue ciambelline di Natale. Alla fine un trionfo di fritti entrò in casa. Il piatto enorme era sorretto come un trofeo in processione da cugini, nipoti, giovanotti con il futuro della famiglia stampato in faccia.
Elena ricordò il menù del battesimo di Gegè e lo ripropose a memoria. Gianluca si divertì a cucinare le frittelle della laurea in Architettura. Come un’Arca di Noè la calza si riempì dei ricordi gastronomici di ognuno. Ma nessuno badava al cibo, i cuori erano avvolti dall’aria mesta e dolce della nostalgia. Alcuni dei parenti non vennero alla cena, ormai distanti dai ricordi, qualcuno volle dedicare anche a loro un brindisi ed un sorriso.
Così passarono i giorni beati tra Natale e Capodanno ma loro continuavano a stare seduti intorno a quella tavola imbandita con i ricordi. Era una meraviglia vederli così vicini, così affettuosi, così felici. Tra gli altri discorsi si parlò dello scampato pericolo, di quella fine del mondo che ormai sembrava a tutti una barzelletta. Ma come aveva fatto il mondo intero a credere a quella sciocchezza?
Non saprei dire quando cominciò quella strana danza della calza : certo all’improvviso o forse piano piano la calza cominciò a muoversi, a vibrare. Poi tutti si accorsero che non era solo la calza a danzare. Che tutto il palazzo si smembrava, che cadevano calcinacci, che il cielo si spaccava…. era l’Apocalisse in clamoroso ritardo!
Ma insomma era arrivata in fine, quando nessuno la temeva più.
Molti ebbero paura, molti scapparono, molti furono annichiliti da disastro.
Lisa era dentro la calza a rimestare tra i cocci e mentre assaporava i ricordi più dolci si accorse di essere al sicuro nella calza che pendeva nel cielo, gonfia di tutte le meravigliose melodie della vita. Giovanni stava per affondare nel nulla attaccato alla sua ferrea ragione ma alla fine la simpatia per la folle adesione della moglie alla dolcezza lo salvò, si aggrappò anche lui alla calza chiamando a squarciagola Stefanino.
Che sornione se ne stava appollaiato su una stella con il filo rosso della calza in mano. L’aveva costruita lui quella tana, quella stalla in ritardo, quella via di fuga. Ed ora davanti all’apocalisse si divertiva a recuperare i genitori avvinghiati all’amore per la loro casa e per i loro ricordi.
Era un giovane di oggi, non aveva nulla, neanche più il futuro.
Ma quella pergamena della mamma, con quella frase sciocca dentro la calza, l’aveva colpito.
Così raccolse i cocci ad uno ad uno e cominciò a costruire un mondo nuovo.


Giordano Perelli acquaforte 1970, collezione privata

                                    Associazione culturale
                                   IL MASCHERONE

Spoleto 16 dicembre 2012, ore 11.00

ARCHIVIO DI STATO DI SPOLETO

INCONTRO

LA NOSTRA BELLA ITALIA

Presentazione del progetto:

DIAMO VOCE AGLI ARCHIVI
e

Premio letterario
I Racconti dell’Archivio

Interventi

Manuela Marchi Presidente IL Mascherone

Anna Manna bibliotecaria scrittrice

Manuel Campus: L’arte come racconto e testimonianza

Seguirà aperitivo

Dal libro di

Anna Manna
“Una città, un racconto”:
NEMA PRESS 2012

 

 L’inquietante profumo della polvere racconto dedicato  all’Archivio di Stato Roma:

“All’inizio non feci caso a quel suono flebile. Pensavo provenisse da qualche cellulare
lasciato acceso nonostante il divieto scritto chiaramente sulla porta d’ingresso dell’Archivio. Ero affascinata dal soffitto, dalle grandi finestre sul cortile. Un luogo poetico, capace di incantare nel più assoluto silenzio. Mentre gli studiosi facevano vibrare la carta ad ogni giro di pagina di antichissimi libri. Mi abbandonavo a poco a poco a quella melodia di finissima carta, una vibrazione che entrava nell’anima e ne solleticava gli angoli più nascosti…”
Il suonatore di violino racconto dedicato a Spoleto:
“Come un lenzuolo candido alla luce così Spoleto stende al sole terso il canovaccio delle sue ricchezze.
Arte e cultura segnano tracce nuove a rinnovare percorsi antichi.
Le chiese sembrano salutarsi ad una ad una, nella luce del giorno si ritagliano contorni nuovi e nuove melodie si ricorrono come i piccioni nelle crepe delle antiche mura.”


Un’affascinante viaggio con l’apostrofo

Il libro di racconti di Anna Manna “Una città, un racconto” è un appuntamento con un metaforico treno per partire alla scoperta del
nostro bel paese secondo un’ottica sorprendente.
Con Anna Manna si parte con un compagno di viaggio speciale, fastidioso, sbagliato : inizia un’affascinante viaggio con l’apostrofo!
Si parte con l’errore!!!!!! In viaggio con l’errore significa non nascondere le nostre disgrazie, non coprire le nostre miserie, in una confessione di
fragilità , di crudeltà, di nevrosi, di confusione, di patologia che finisce per somigliare alla confessione dell’apparteneneza all’umano sentire.
Così mostri, miracoli, misture di stregonerie e magie, miraggi e apparizioni, velate verità e bugie senza copertura ci trascinano nel profondo delle nostre leggende, nei richiami di misteriosi segreti.
Lo sguardo della scrittrice verso alcune città italiane non sarà da turista, neanche da giornalista , nepure da nostalgica e nemmeno
da depressa. Anna Manna parte insieme al lettore con un bagaglio complesso : la voglia di scoprire, di scappare, di volare, di affascinare, di farsi affascinare, di abbandonarsi, di divertirsi, di denunciare, di parlare, di guardare, di tuffarsi in un Italia bella come una fata e complicata come una strega, dolce come i suoi frutti, amara e crudele come le sue spine.
Una rosa sulla valigia di ieri con gli spaghi o pesantissime valigie sulle rose d’Italia di oggi? A poco a poco ci accorgeremo insieme che quell’errore nel titolo, quell’apostrofo in più reclama una frase: t’amo! E’ un viagio d’amore allora? Per chi? Per noi che viaggiamo, per chi vuole leggere, scoprire questo scorcio impalpabile dell’Italia con città vere e città fantasma, città di sogno e sogni nelle città, città reali e città senza nome che somigliano alla realtà.
Oggi comincia un viaggio diverso: un’itinerario in compagnia di uno sguardo narrativo che sbircia gli errori anche dove vuole raccontare la favola, che nelle favole nasconde la tragedia, che nella tragedia riesce a scoprire l’amore. Ecco quell’apostrofo nel posto sbagliato ci colpisce, ci stupisce, ci dice che un bacio riesce a trovare la strada giusta anche dove non c’è più alcuna speranza. Così la valigia diventa meno pesante e la foresta che abbiamo intorno a noi si ricompone nella città ideale, capace di diventare comprensiva, indulgente, verso l’errore, verso gli errori che tutti noi abbiamo commesso verso il nostro meraviglioso paese.
E ripartire salvando tutto quello, che non è poco, che abbiamo di positivo.

In viaggio verso il Kumbha Mela

MANUEL OLIVARES CI RACCONTA IL FUTURO

Per la Casa editrice VIVERE ALTRIMENTI è uscito un interessante libro di Manuel Olivares "CON JASMHUEEN AL KUMBHA MELA"un libro che vuol essere soprattutto un report, a tratti semiserio -come recita l'introduzione-
di un'esperienza di crescita integrale. Si tratta di un pellegrinaggio hindu, il Kumbha Mela, in compagnia di una donna australiana senz'altro fuori del comune: Jasmuheen, scrittrice di succeso che sostiene di vivere di prana liquido da circa 16 anni. Questa donna particolarissima è un rappresentante delle costellazioni di movimenti spirituali che si trovano definiti nella New Age.
Al di là del racconto del pellegrinaggio, al di là delle pagine affascinanti, in cui le capacità narrative e di fascinazione di Manuel Olivares risaltano con vigore, il saggio ripropone la tematica mai abbastanza indagata del fenomeno delle comunità. E del perchè alcune persone di cultura occidentale ad un certo punto si sentono irresistibilmente attratte da questa avventura incredibile in un mondo distante e si avventurano in una partenza reale e figurata verso una cultura del tutto inusitata per gli occidentali. Soprattutto giovani di una famiglia solida e senza alcuna mancanza o deficienza. Forse il segreto è propio in questa pienezza di una infanzia che ha dato il meglio di quello che una cultura di tipo familiare possa dare.
E' lo strappo di chi ha conosciuto ogni dolcezza del paradiso dell'infanzia e che, possedendo una mente ed una capacità intelellettuale vivace e creativa, desidera di più del dono e vuole la conquista. Così molti proiettano la vita futura e la scommessa della propria vita in un ALTROVE.

La figura di Alessandro Magno insegna che il figlio di una cultura che ha già dato il meglio si sente stretto nei domini paterni e cerca la vittoria diversa. Il confronto con culture lontane diventa così inevitabile.
E' il segno di un invecchiamento della cultura occidentale? Di una sensazione di soffocamento strisciante?
Oppure il segno di una libertà eccessiva che apre le porte ad una noia dell'esistere e per questo tenta altre strade? Chissà, certo molti giovani hanno sentito il richiamo di un altrove che poi hanno indagato con forza intelletuale senza restarne prigionieri o solamente senza sentirne solo il fascino. Anzi come per Manuel Olivares il viaggio è diventato prezioso bagaglio intellettuale da riportare indietro. Bottino di viaggio per una mente che vuole tentare di coniugare il prima ed il dopo, il noto e lo sconosciuto.

Non è facile incontrare a Roma Manuel Olivares. Quando è in Italia si rintana nella sua casa a Fabrica di Roma (VT). Dopo tanto girovagare nel mondo…ogni tanto è necessaria una pausa, anche per riabbracciare gli adorati genitori. Dalla madre, la poetessa Iole Chessa Olivares, ha ripreso il sorriso e lo sguardo da poeta.
Ma la voglia d’avventura e la curiosità intellettuale spinta a tutto il mondo è peculiarità sua!
Un giovane particolare Manuel Olivares: è riuscito a coniugare nella sua personalità la discrezione di una educazione sana e rifinita con l’anelito a conoscere, scandagliare, esaminare tutte le esperienze possibili. Il viaggio è la sua dimensione mentale.
Un viaggio che lo ha portato a confrontarsi con tantissime esperienze sociali, ad esempio con le comuni, le comunita’ e gli ecovillaggi di cui ha scritto diffusamente o con culture diverse dalla sua di origine. In India ma anche in Thailandia, Nepal e Sri Lanka dove, tra le altre cose, non ha mancato di monitorare alcune esperienze comunitarie.

Manuel cosa è il fenomeno comunitario? Come nasce?

“Il fenomeno comunitario prende corpo, storicamente, a partire soprattutto da istanze di natura religiosa. Da un’insopprimibile vocazione di ricerca di liberazione, di verità, al di fuori del tracciato battuto dalla massa.
In alcuni casi sarebbe forse più corretto parlare di un’istanza di natura gnostica, della ricerca, cioe’, di una conoscenza salvifica.

Esemplari, in questo senso, sono le comunita’ essene cui hanno fatto seguito, agli albori della riforma protestante, quelle anabattiste.
Il protestantesimo radicale ha anche dato vita a molte, importanti esperienze comunitarie negli Stati Uniti, a partire dal XXVIII secolo.
E’ seguito il filone comunitario inaugurato dai teorici del cosiddetto socialismo utopistico: Owen, Fourier e Cabet che ha avuto ancora negli
Stati Unit, il suo terreno d’elezione. Nella seconda meta’ del novecento prende corpo il filone esistenziale, legato all’esperienza
beat ed hippy cui ha fatto seguito il filone new age e, negli ultimi vent’anni, quello ecologico, oggi prevalente.
Questo si sostanzia soprattutto in un network mondiale, il GEN (Global Ecovillage Network) che coinvolge diverse migliaia di
esperienze eco-comunitarie, qualificate spesso come ecovillaggi”.

Il tuo libro precedente “Comuni, comunità ed ecovillaggi “della casa editrice Vivere altrimenti fondata da te, cosa propone?

“Vuole essere un excursus che, dalle prime comunità essene, giunge ai moderni ecovillaggi tentando di non trascurare nessuno: esponenti radicali della riforma
protestante, socialisti utopisti, anarchici, hippies, kibbutzniks, ecologisti più o meno profondi e new agers.
Una mappatura ragionata –su scala italiana, europea e mondiale- di gruppi di persone che abbiano deciso di condividere, a diversi livelli, spazi, beni di
vario genere e denaro e di un nuovo movimento di comunità sperimentali che abbiano come prioritari valori di tipo ecologico.
E’ senz’altro un libro piu’ maturo rispetto ai due che lo hanno preceduto. Ne amplia il lavoro di monitoraggio e azzarda qualche proposta all’attuale movimento comunitario che ha tutte le potenzialita’ per rappresentare un incisivo gruppo di interesse, nell’immediato futuro, in particolare in merito ad istanze legate alla “societa’ plurale” ed all’ecologia. Solo in Italia esistono una trentina di esperienze comunitarie, piu’ o meno collaudate.
Il movimento conta qualche migliaio di persone, tra coloro che sono immediatamente coinvolti nella vita di comunita’ ed i simpatizzanti.
Merita menzionare che stiamo lavorando, assieme alla RIVE (Rete Italiana Villaggi Ecologici) ed al CONACREIS
(Coordinamento Nazionale dei Centri di Ricerca Etica Interiore e Spirituale) per il riconoscimento giuridico delle comunita’ intenzionali e degli ecovillaggi
ed in questo il movimento italiano puo’ rappresentare una sorta di avanguardia mondiale.
Chi volesse maggiori informazioni al riguardo mi puo’ contattare scrivendo a _ HYPERLINK "mailto:info@viverealtrimenti.com info@viverealtrimenti.com"
o visitare il sito _ HYPERLINK "http://www.conacreis.it  www.conacreis.it"

Manuel, la comunità predispone ad un atteggiamento di chiusura agli altri? E’ una casa senza finestre oppure un modo più immediato per entrare in contatto con gli altri?

“Credo sia auspicabile iniziare a concepire la trasversale dimensione comunitaria come una fratellanza, oltre le differenze di credo religiosi
(o più genericamente, spirituali) e politici, di appartenenza sociale, nazionale, di sesso e di razza.
Una fratellanza per affrontare a testa alta (non sfuggire) un mondo ogni giorno più complesso e tuttavia più affascinante.
Nei miei libri ho azzardato l’ipotesi che la comunita’ possa portare con se’ alcuni rischi di “deriva settaria”.
Ogni comunita’ predispone degli antidoti al riguardo (puo’ essere esemplare il caso di Damanhur, in Italia, i cui membri si dedicano ad un’intensa attivita’ di
volontariato nella croce rossa, nella protezione civile, con i vigili del fuoco, eccetera). In alcuni casi mi e’ sembrato palpabile il rischio di “rifiuto del mondo”.
Sono rischi con cui il movimento comunitario deve confrontarsi per innestare un processo di superamento di una fase che puo’ presentare, a mio vedere,
qualche tinta un po’ adolescenziale, nella misura in cui puo’, talora, scivolare su ingenuita’ ideologiche.
Parlando con Oberto Airaudi, fondatore dell’esperienza damanhuriana, sostenevo che sarebbe bene “buttare a mare un po’ di zavorra degli anni ‘70” che ancora, a mio vedere, appesantisce la coscienza di alcuni comunitari un po’ sbilanciati sulla “radicalita’ a tutti i costi” e lui si diceva del tutto d’accordo.
Bisogna insomma pensare ad un movimento comunitario del terzo millennio che sappia confrontarsi in maniera matura con le problematiche del mondo di oggi, a partire da quelle che sono le esigenze di vivere nel mercato, senza autorelegarsi in angoli di presunta, preservata purezza."

Ma obiettivo comune delle… comunità deve essere uno stile di vita con decrescenti bisogni di denaro?

"Credo proprio di no, piuttosto con un rapporto sereno e maturo con la dimensione finanziaria, in una prospettiva di soddisfazione dei cosiddetti bisogni
post-materialisti: qualita’ della vita, ecologia, personal development, viaggi, conoscenza, solidarieta’.
Credo sia necessaria la creazione ed il potenziamento di un circuito economico alternativo, in una prospettiva di lavoro in rete tra le diverse esperienze
comunitarie, a livello locale come, auspicabilmente, planetario (il movimento comunitario attuale, come dicevo in buona parte aggregato nel Global Ecovillage Network, ha realta’ confederate nei cinque continenti). Le comunità non credo debbano offrire prospettive di vita frugale, pur con eventuali recuperi spirituali ma concrete alternative di benessere psicofisico ed economico a chi decide di coinvolgersi nella loro avventura."

Ma quante persone si raggruppano intorno al concetto di comunità?

"Le comunità intenzionali e gli ecovillaggi possono essere più o meno piccole (a partire da un minimo di 5 membri adulti) o più o meno grandi (la dimensione media di una comunità intenzionale è stata identificata tra le 50 e le 300 persone) e muoversi lungo coordinate sociali, economiche, spirituali (o secolari) politiche ed ecologiche affatto diverse.
Parliamo dunque di un universo eterogeneo che ha come comun denominatore quella che il sociologo Bill Metcalf chiama “we-consciousness”.
Esistono poi esperienze comunitarie che raggiungono il migliaio di membri (ad esempio la Federazione di comunita’ di Damanhur) o anche di piu’ (e’ il caso di Auroville, in India, dove vivono circa 2000 persone ed e’ ugualmente una realta’ decentrata in tante, diverse comunita’).

Esistono anche “circuiti comunitari”, come Sarvodaya in Sri Lanka (di cui sono la contact person in Italia) che “confedera” circa 15000 villaggi tradizionali, coordinando progetti di mutuo appoggio, scambio e solidarieta’. In breve: ce ne e’ per tutti i gusti ma, nelle diverse esperienze cui si e’ brevemente fatto cenno, rimane sempre centrale la dimensione di vita a misura d’uomo, fatta di insediamenti piccoli che, in alcuni casi, danno vita ad organismi piu’ grandi evitando tuttavia, nella misura del possibile, di “alienarsi”."

Insomma la tua vita è stata un viaggio affascinante nel nuovo, una proiezione impensabile in un’avventura che certo non somiglia a nessuna di quelle vissute normalmente dai giovani figli di una famiglia agiata, senza troppi problemi per il futuro?

"Si, mi rendo conto di aver fatto una scelta di vita originale e qualcuno mi invidia per questa ragione, senza tener conto i prezzi che sono implicati in questa scelta e non sono di poco conto. Credo ci si debba essere, in qualche modo, tagliati. A chi non e’ soddisfatto della vita che fa suggerisco di provare ad indagarsi a fondo,cercando di comprendere cosa veramente desidera, al di la’ delle aspettative altrui.
Comprendere cosa veramente si voglia non e’ facile e tuttavia e’ un presupposto fondamentale.
Il viaggio puo’ aiutare molto a ritrovare alcuni bandoli perduti, soprattutto in paesi come l’India che rappresentano una sorta di specchio cristallino dell’anima umana.
Anche li’, non mancano le difficolta’, un viaggio in India puo’ presentare difficolta’ non da poco ma puo’ davvero forzare serrature ossidate della propria interiorita’."


Ma come hai coniugato la tua cultura d’origine con le varie culture che incontravi?


"Io credo che alla base di tutto vi siano delle risonanze emotive ed affinita’ di sensibilita’.
Ancora parlando dell’India, ho trovato indubbie risonanze e forti affinita’ con persone di un altro continente, malgrado le differenze linguistiche, di background culturale, eccetera. Mi viene da pensare che, in ultima analisi, siano differenze superficiali. L’essere umano ha avuto ed ha ovunque gli stessi problemi di fondo, ha elaborato risposte adattive via via diverse, alcune delle quali si sono condensate in quelli che gli antropologi chiamano “modelli culturali”.
Essere nato in un determinato paese non significa che ci si debba ritrovare per forza nei suoi modelli culturali perche’ puo’ darsi benissimo si sia interiormente piu’ vicini ad altri, che sono stati realizzati piu’ compiutamente altrove.
E’ sempre il viaggio che puo’ aiutarti a fare delle verifiche in questo senso. Non bisogna temere il confronto e non bisogna avere un atteggiamento mentale autolimitante, cosa che a mio modo di vedere accade spesso in Italia. Io credo che, soprattutto oggi, dovremmo avere un referente valido in una citta’ come Londra, assolutamente cosmopolita e multiculturale.
La societa’ plurale dovrebbe essere il nostro obiettivo ultimo (e la globalizzazione ed il suo principale supporto, internet, ci stanno portando in questa direzione) ed e’ per tale ragione che trovo utili scrivere libri su stili di vita (nello specifico quelli comunitari) non ordinari o (riguardo i miei nuovi progetti editoriali) su culture molto diverse dalla nostra, per contribuire ad una maggiore dimestichezza con il diverso ed espandere gli orizzonti della nostra coscienza talora drammaticamente mutilata.


Ma per te è stato invece un viaggio vero, una esplorazione vera?

"Direi di sì, e’ stato un percorso di confronto ed elaborazione che spero abbia portato ad una crescita, altrimenti temo sia stato inutile.
Concludendo con la mia esperienza con le comunita’ intenzionali e gli ecovillaggi, nel mio ultimo libro ho caldeggiato la necessita’ di dare un piccolo
incoraggiamento concreto a tutte quelle persone che si sentono attratte dalla dimensione comunitaria.
Sarebbe auspicabile che i giovani che vi si vogliono avventurare possano contare in un inserimento in attività collaudate, in un network economico intercomunitario(e naturalmente non solo, anche aperto al mondo esterno) collaudato e, auspicabilmente, microredditizio.

Sono difatti convinto che le comunità intenzionali e gli ecovillaggi possano rappresentare realmente un’alternativa esistenziale, finanche un vettore di trasformazione sociale ma credo sia importante essere costantemente consapevoli della giusta dose di realismo necessaria allo scopo, del giusto tributo da pagare alla natura anche, non solo, materialistica dell’essere umano, evitando il più possibile cadute in ideologismi ingenui o spiritualismi astratti."

“Quando hai avuto voglia, spinta, desiderio di andare oltre, di cercare un Altrove?”

“Sono nato borghese, in un contesto borghese, ma alla fine l’ho scoperto soffocante, per certi aspetti asfissiante. Anche se ho usufruito di tutte le caratteristiche positive di questo contesto. Della borghesia conosco le dolcezze, le catene, dolci ed amare. Sono partito con un mio amico per Vivere altrimenti. E certo mi sono preparato a vivere con poco.
Ed era già molto poter trovare posti dove si era sicuri di essere accolti. Ho imparato a trovare soluzioni di accomodamento. I privilegi di prima li ho considerati fardelli e , con le spalle libere da quei pesi, mi sono inoltrato nel mondo. Ma non è stato facile né per me , né per chi ho lasciato dietro. Sono decisioni pesanti, di cui non si può conoscere in anticipo l’evoluzione.
Poi in lontananza, attraverso un lavorio di anni, ho capito tante cose. Che in Occidente siamo molto liberi. Troppo.


Cosa vuoi dire ? Eri fuggito perché ti sentivi prigioniero e poi critichi la libertà che ti sei lasciato alle spalle?

Sono fuggito verso la conoscenza approfondita di me stesso e del mondo, ho lasciato alle spalle una vita facile ed ho cercato lo scontro quotidiano con i problemi. Ho voluto ascoltare la voce del mondo al naturale, non solo attraverso i libri o le spiegazioni dei maestri. Ma proprio questa sincerità di svincolamento dal prima mi permette di considerare adesso la visuale globale. E noto come siamo liberi noi occidentali, come addirittura, per esempio nell’arte, questa eccessiva libertà è diventata civetteria, vuoto. Oltre l’occidente l’arte è quasi sempre un’espressione della sacralità.
E’ la rappresentazione della comunione con il divino che è nel mondo. Dunque c’è rispetto per l’arte,amore per l’arte.

Mi sono reso conto ad esempio , così da lontano, che uno dei problemi dell’Occidente è la mancanza di riconoscimento delle radici culturali. Abbiamo un patrimonio tradizionale vasto ed importante. Ma ne sentiamo solo la pesantezza e la voglia di liberarcene. Così questa finta ed apparente libertà diventa uno sguardo approssimativo, ironico, beffardo su tutto e su tutti. Orfani volontari di una cultura amata e condivisa, orfani di un tradizione che ci possa dare stabilità e solidità, sembriamo rinnegare la nostra stessa ricchezza. La nostra casa è vuota perché abbiamo accantonato tutte le ricchezza in cantine abbandonate e le tavole mostrano povertà di fascinazione e coinvolgimento.”

Mangiamo le nostre inquietudini, il nostro traballante comparire in un palcoscenico che non sappiamo né rinnovare né raccontare nei valori di sempre.
il cibo è diventato per l’occidentale un’ossessione. Nel bene e nel male. Guarda le diete imposte, i canoni di bellezza fissi, la mancanza di libero coinvolgimento con i ritmi naturali dell’alimentazione. Il fatto è che non siamo capaci di mangiare altro oltre il cibo comune. La musica, la pittura, lo spirito dell’universo rimane completamente fuori di noi. Non assorbiamo più nulla. Manca questo contato spirituale con il resto fuori di noi.
E la nostra psiche rimane digiuna e disperata. Sei d’accordo?


“E pensare che in Oriente il contatto con questo tipo di spiritualità è molto cercato, sentito, vissuto. Nel mio saggio che racconta il mio viaggio con Jasmuheen questo aspetto è molto indagato. Jasmuheen sostiene di vivere da circa 16 anni di prana liquido. Lei ha trasceso il bisogno di assumere cibo liquido. Ma non è una dieta e che lei sostiene di aver superato il bisogno poiché si ciba di un altro tipo di contatto. Certamente questa cosa suscita molte polemiche ed incredulità ma indica comunque una ricerca, una fede nella spiritualità che possa sostenerci fino in fondo, anche nelle esigenze fisiche, anzi che possa addirittura sostituirle. Nel 1998 lei ha scritto Nutrirsi di luce ed oggi ha proseguito nelle sue ricerche con il libro Il cibo degli Dei. Sono letture affascinanti, pratiche di esperienze estreme che certo presuppongono una grande esperienza e molto studi ed applicazione. Non saprei dirti quanto possano essere comprese fino in fondo da noi occidentali. Ma certo indicano una tendenza nel loro animo, un soffermarsi prepotente sulle cose dello spirito.”

Jasmuheen è la protagonista del tuo libro? Il saggio nasce per raccontare l’esperienza di questa incredibile donna?


“No anzi lei mi è compagna per raccontare un viaggio all’interno di dinamiche e problematiche che quel paese lontano suscita nel viaggiatore e in chi intende studiarlo. Il mio libro non è un romanzo. E’ un saggio scritto in maniera forse più immediata, più vera, perché vissuto sul campo.
Ma a dire il vero c’è in cantiere un romanzo di circa 200 pagine. Ma per ora c’è tempo.

Chi sono i veri protagonisti del tuo libro?


Il viaggio, la voglia di capire, la vita vissuta sulla strada e non sulla pagine o sulla scrivania. Sono un sociologo? Uno studioso? Si, anche questo, ma la mia fatica è soprattutto il racconto di un dialogo di un uomo che si sente in mezzo a due incredibili protagonisti: l’Oriente e l’Occidente. Poi le mille figure indimenticabili che l’India è capace di regalarci. Vecchi incredibili, giovani sorprendenti, donne fascinose.

Cosa pensi che i giovani di oggi cercano? Pensi che la tua esperienza sia significativa per tutta la nuova generazione?

L’impatto con le due culture è inevitabile : i giovani forse si dibattono in un mondo che ancora non ha capito cosa conservare come preziosa tradizione e cosa cercare altrove. Ma il dialogo tra queste due posizioni è la chiave per il futuro.

 

COMUNICATO STAMPA

Anna Manna a “Più libri più liberi”

“Visitare le città d’arte, i meravigliosi borghi marini e dell’entroterra
italiano attraverso gli occhi di una grande scrittrice”

Parte da “Più libri più liberi” un’affascinante viaggio letterario nelle città italiane.
Il 7 dicembre alle ore 17 il libro “UNA CITTA’, UN RACCONTO” della scrittrice Anna MANNA apre la rassegna di Nema Press al Palazzo dei Congressi all’Eur.
Il libro presenta uno sguardo narrativo originale e coinvolgente nel dipanarsi di storie, emozioni, sensazioni e avventure in alcune delle più caratteristiche città italiane.
Scrive Neria De Giovanni nella prefazione “visitare le città d’arte, i meravigliosi borghi marini e dell’entroterra italiano attraverso gli occhi di una grande scrittrice è certamente un privilegio. Privilegio offerto a tutti coloro che avranno l’opportunità di leggere questo “Una città, un racconto” di Anna Manna.
Non si può chiedere ad un artista di preparare una guida turistica ma è l’anima del luogo, il genius loci, che la scrittura creativa cattura negli intrecci “magici”dei racconti qui contenuti.
Il libro propone grandi città come Napoli e Roma, città marine come Gaeta e San Felice Circeo, indimenticabili città d’arte come Mantova, Urbino, Spoleto, antichi e preziosi paesaggi di bellezza naturale come Varenna, Tocco Casauria, il paese dell’eolico, luoghi di mistico e sacro splendore come Spineto e i richiami della Valle dell’Orcia, drammatiche soste a L’Aquila strappando nuove speranze alla città ferita, condensando la scrittura in miraggi, atmosfere oniriche che da un lato sembrano privilegiare l’aspetto di godimento ludico della narrativa dall’altro penetrano profondamente nel tessuto sociale delle città raccontate a volte attraverso immagini di forte resa emozionale. L’equilibrio tra la fascinazione del luogo, la descrizione dei personaggi, l’elemento di denuncia sociale -prepotente in alcuni racconti più velato in altri- rendono la lettura veramente piacevole pur solleticando con maestria analisi, approfondimenti, soste nell’area dell’indagine a tutto campo di un contesto sociale che riserva incredibili parentele con la realtà dei nostri giorni.
Senza togliere nulla allo sguardo realistico, la penna della scrittrice danza tra miraggi, mostruosità, miracoli, misture speziate di profumi e sapori, verso il gusto della letteratura come avventura nel profondo dell’animo umano. Una ghirlanda di personaggi interessanti e nuovi popola questo manuale di rilettura delle città italiane attraverso una lente che svapora e condensa, racconta e tace, spiega ed accenna, afferma e nega, in un girotondo di emozioni e sottili richiami che legano il lettore alla pagina ed al desiderio di visitare l’Italia.
Il libro sarà presentato a Spoleto il 15 dicembre presso la Biblioteca comunale “G. CARDUCCI” nell’ambito della Manifestazione-Evento LA NOSTRA BELLA ITALIA che lancerà il Premio letterario “Viaggio in Italia “ Racconti italiani in prosa ed in versi.
Le presentazioni proseguiranno nel mese di gennaio a Roma, nella primavera a Gaeta, Tocco, San Felice Circeo.

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